Nel precedente articolo abbiamo parlato di cos’è l’internet delle cose e dei vantaggi che ha portato nel nostro mondo, che ora possiamo sintetizzare in: intelligenza decentralizzata e miglior utilizzo delle risorse energetiche (se non hai letto l’articolo precedente e vuoi capire meglio di cosa stiamo parlando clicca qui).
Ci siamo inoltre posti una domanda: “ci servono così tanti oggetti “smart” con un’intelligenza decentralizzata?” e prima di risponderci in maniera definitiva ci siamo ripromessi di vedere anche i difetti o i potenziali pericoli di questa tecnologia.
Eccoci quindi ad analizzare il lato oscuro di questa tecnologia.
Il primo, quello che forse a tutti sta più a cuore è che l’intelligenza e spesso anche i dati sono decentralizzati, presso un fornitore esterno.
Diveniamo quindi si proprietari dell’oggetto, ma non dei dati, anche se questi vengono sempre generati dalle nostre attività.
È lo stesso problema che abbiamo con i social network: noi carichiamo i contenuti sulla piattaforma, ma se questa un giorno dovesse sparire in modo improvviso noi perderemmo istantaneamente tutto, senza avere una reale possibilità di recupero.
Allo stesso tempo, fingendo per un attimo di non preoccuparci della consistenza dei dati, ci sarebbe il problema che oltre a noi (ipotizzando che la piattaforma di archiviazione sia sicura al 100%) anche il fornitore del servizio potrebbe accedervi, sfruttando milioni di dati come meglio crede e per gli scopi che più gli fanno comodo.
Ovviamente tutti ci assicurano che i dati non vengono usati…ma il dubbio comunque è lecito.
Nulla quindi di nuovo sotto il sole, questi sono i dubbi che lecitamente ci vengono ogni volta che usiamo un’interfaccia “cloud”.
Un caso invece diverso riguarda l’interpretazione dei contenuti.
Nel precedente articolo facevamo riferimento all’utilizzo della sveglia smart, che aggiorna l’anticipo dell’allarme a seconda delle condizioni di traffico.
Questo aggiornamento era calcolato in base ai tempi medi di percorrenza dei vari utenti.
Ipotizziamo che in un gruppo di 100 utilizzatori 50 siano “disonesti” e vogliano per qualche assurdo motivo sabotare il corretto funzionamento del sistema. Come potrebbero fare? Quello più semplice è questo: invece di alzarsi al suono della sveglia nel momento in cui essa suona, la potrebbero disattivare (come teoricamente fanno tutte le mattine) poi tornare a dormire come se nulla fosse per un’ulteriore ora.
Il messaggio che riceverebbe il computer centrale sarebbe che il 50% delle persone con il nuovo adattamento di orario è arrivato in tempo al lavoro, mentre il restante 50% ha avuto un ritardo di 1 ora.
Se il software centrale non avesse un controllo assoluto sugli utenti, potrebbe interpretare questo evento come un suo errore e pur avendo teoricamente in mano l’orario di sveglia perfetto finirebbe per compiere un adattamento ulteriore, anticipando la sveglia anche degli utenti “onesti”.
Ovviamente questo caso è quasi impossibile nel mondo reale, in cui la base di utenti campione per calcolare abitudini e prestazioni è decisamente più alta di 100 unità, ma rimane comunque una possibilità non trascurabile nel mondo moderno.
Quindi, fatte queste premesse (buone e cattive): abbiamo veramente bisogno di così tanti oggetti connessi?
Secondo me sì.
- Sì perchè semplifica la vita,
- Sì perchè con l’ausilio dell’intelligenza artificiale i casi di errore diminuiscono drasticamente,
- Sì perchè avere un’intelligenza delocalizzata aiuta ad avere dispositivi sempre più efficienti, a fronte di un risparmio energetico e di una durata maggiore.
Tutto questo se ovviamente ci sono garanzie di affidabilità (da leggersi come sicurezza persistenza e ridondanza di dati) e serietà (intesa come garanzia della tutela dei dati personali) da parte delle aziende produttrici.
Ora bisogna andare sulla fiducia, in quanto si sa (allo stato attuale) internet non ha giurisdizione.
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